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La trippa di Lazarillo de Tormes

"Lazarillo de Tormes" ("La vida de Lazarillo de Tormes y de sus fortunas y adversidades") è un romanzo anonimo spagnolo edito a Burgos nel 1554 e proibito dall'Inquisizione nel 1559. Opera di un autore colto che attinge alla tradizione popolare e realistica dei fabliaux medievali e alla novellistica, è considerato il prototipo della letteratura picaresca, sviluppatasi tra il XVI e XVII secolo. Il romanzo è scritto in prima persona: è il protagonista che parla, narrando le proprie avventure in modo quasi cronachistico, senza commenti o riflessioni d'ordine morale. La figura di Lazarillo, anti-eroe per eccellenza, e le sue vicende sconclusionate riflettono la situazione di incertezza della Spagna di Carlo V, soggetta a una grave crisi economica e caratterizzata da squilibri sociali. Il giovane è un vagabondo che si serve di mille espedienti per procurarsi di che vivere; sempre in viaggio, sempre affamato, non disdegna di servirsi di mezzi illeciti pur di tirare avanti, prestando i suoi servizi a vari padroni. Nel terzo capitolo lo troviamo che gusta trippa e zampa di bue (clicca qui per leggere il testo nella versione originale in spagnolo):

Me ne tornai a casa e passando davanti a una tripperia chiesi la carità a una di quelle donne, che mi diede un pezzo di zampa di bue con un po' di trippa già cotta.

Quando arrivai a casa vi trovai quel buon uomo del mio padrone che passeggiava nel patio, mentre il mantello era piegato e posato sul sedile. Quando entrai venne verso di me. Pensai che volesse sgridarmi per il ritardo, ma grazie a Dio non andò così.

Mi chiese da dove venivo e io gli risposi:

- "Signore, sono rimasto qui fino alle due ma quando ho visto che Vostra Signoria non tornava me ne sono andato in giro per la città a raccomandarmi alla gente per bene e m'hanno dato queste cose che potete vedere".

Gli mostrai il pane e la trippa che tenevo in un lembo della camicia; lui se ne mostrò contento e disse:

- "Beh, ti ho aspettato per il pranzo, ma visto che non venivi ho mangiato. Ma tu ti sei comportato da uomo per bene, perché è molto meglio chiedere in nome di Dio che rubare. E così Lui mi aiuti, che mi sembra tu abbia agito bene; ti raccomando solo che non si sappia che vivi con me, ne andrebbe del mio onore. Anche se credo che rimarrà tutto segreto, visto che sono così poco conosciuto in questa città. Non ci fossi mai venuto!".

- "Quanto a questo, signore, non si preoccupi", gli dissi; "nessuno ha il diritto di chiedermi una cosa del genere né io ce l'ho di dirgliela".

- "Bene, e allora mangia, poverino, chè se Dio vuole presto ci vedremo in migliori condizioni. Anche se devo dirti che da quando sono entrato in questa casa non me n'è andata bene una. Deve avere il malocchio, perché ci sono case sfortunate e iellate che attaccano la iella a chi ci vive dentro. Questa senza dubbio deve essere una di quelle; ma ti giuro che, finito il mese, non ci resto più neanche se me la regalano".

Mi sedetti ad una estremità del sedile, senza dirgli niente dello spuntino, perché non mi prendesse per un ghiottone. E comincio a mangiare addentando la trippa e il pane mentre, senza farmi notare, osservavo il mio signore, il quale non toglieva gli occhi dalla mia camicia, che in quella occasione mi faceva da piatto.


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