21 Novembre 2023

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Il nuovo quaderno

Ho assaggiato la bala d’asu!

L’amico Giancarlo Bertolino della Confraternita della trippa e della rustìa di Villanova Mondovì mi ha fatto scoprire un insaccato artigianale di trippa bovina a produzione limitata realizzato dalla Macelleria Revelli nel vicino paese di Monastero di Vasco, ad una trentina di chilometri da Cuneo, famoso fin dal Seicento per i suoi allevamenti di asini.


La “bala d’asu” – così si chiama questa specialità locale – deve il suo nome alla forma che assume l’impasto di carne di asino, mucca e maiale, una volta insaccato nella trippa di vitello: una forma piuttosto arrotondata che richiama appunto i testicoli dell’asino. Esistono documenti che attestano il nome di questa specialità sin dalla fine dell’Ottocento quando la “bala d’asu” costituiva il piatto tipico con cui festeggiare la ricorrenza dell’8 dicembre. Grazie alla vendita al pubblico della Macelleria Revelli – iniziata con Domenico, proseguita dal figlio Alessio e dai nipoti – è adesso però possibile gustarla in qualunque mese dell’anno.


Per la preparazione mi è bastato far bollire per trenta minuti la confezione sottovuoto con la “bala d’asu” precotta, quindi aprirla per tirarne fuori un insaccato di trippa a metà tra uno zampone ed un cotechino ma molto più magro, che ha riportato alla memoria altre due trippe ripiene, la “dressmaker tripe” inglese ed una versione simile preparata in Irak. Ma qui siamo nelle Langhe.


L’involucro di trippa di vitello, pazientemente cucita a mano, contiene un gustoso trito grossolano di carni di asino, mucca e maiale, condito con sale, pepe, noce moscata, erbe aromatiche e vino rosso. Accompagnata da un contorno di lenticchie preparato per l’occasione (grazie mamma!) e da un bicchiere di vino rosso, la “bala d’asu” è stata una piacevole sorpresa: per niente grassa, saporitissima, deliziosa. Il che mi ha fatto dimenticare per un attimo che la trippa era solo lì in funzione principalmente di contenitore: sottile, ben cotta ed esaltata se vogliamo dal sapore del macinato che racchiudeva. Una specialità che sono proprio entusiasta di aver scoperto e che proverò la prossima volta abbinata ad altri contorni, fonduta compresa.


Un piccolo appunto in chiusura di articolo per ricordare che la trippa usata come contenitore, piuttosto che come ingrediente principale di un piatto, non è una novità: la troviamo nello “shar tos” della Mongolia (burro trasportato nello stomaco bovino) o anche – senza andare troppo lontano – nel “su callu ‘e crabittu” (formaggio sardo ottenuto dalla fermentazione del latte di capretto nel suo stesso abomaso). Ed ora anche nella “bala d’asu” della della Macelleria Revelli di Monastero di Vasco.

© Aerostato / TroppaTrippa.com

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