USA / HAWAII – Prima dell’arrivo di George Vancouver alla fine del Settecento, gli hawaiiani non conoscevano le mucche. Un regalo apparentemente semplice come qualche capo di bestiame donato dal capitano di vascello inglese nel 1793 al re Kamehameha I, ebbe un grandissimo impatto sull’economia e l’ecosistema locale, introducendo tra l’altro anche la cultura dei grandi allevamenti e dei cowboy, ed indirettamente regalando agli hawaiani anche quello stufato di trippa di cui vanno ghiotti. I primi bovini giunsero nelle Americhe – e più precisamente a Veracruz, in Messico – nel 1521 con i conquistadores spagnoli. A quella prima mandria si fanno risalire le mucche ed i tori che George Vancouver acquistò presso la missione di Monterey in California da trasportare nelle sue tre spedizioni alle Hawaii. Ma i primi bovini sbarcati sulle isole polinesiane ebbero vita breve e vennero macellati nel giro di poco tempo.
Quando Vancouver ritornò nel 1794 con altre mucche, chiese al re Kamehameha I di imporre un tabù di dieci anni sui bovini affinché potessero prosperare in pace. Il divieto regale, esteso poi fino al 1830, funzionò anche troppo bene tanto che le mucche proliferarono in quantità tale da rappresentare un vero e proprio flagello: nel 1846, sotto il regno di Kamehameha III, si contavano più di trentacinquemila capi di bestiame. Di questi solo diecimila erano parzialmente addomesticati; gli altri venticinquemila si aggiravano per le isole in mandrie senza padrone distruggendo non solo le foreste ed i raccolti ma attaccando anche la popolazione.
Il nuovo re aprì ed incoraggiò dunque le battute di caccia ai bovini selvaggi, ingaggiando anche professionisti stranieri, la maggior parte dei quali erano ex detenuti provenienti dalla tristemente famosa prigione australiana di Botany Bay, ai quali si deve il successivo sviluppo della professione dei cowboy hawaiani.